
Il bambino, sconvolto dallo shock dell’aggressione intempestiva (abuso psichico e/o fisico) dallo sforzo di adattamento, non ha una sufficiente capacità di giudizio e critica razionale per condannare la condotta di tali persone autorevoli. Non avrebbe neanche la capacità e i mezzi fisici e psicologici per difendersi, così, i deboli sforzi fatti in questo senso sono brutalmente e minacciosamente respinti dal colpevole, e il bambino viene accusato di menzogna. Ci si può domandare se il senso di colpa (sentito dalla vittima) che segue un’aggressione precoce (o, nel caso di ragazzi, la costrizione a iperprestazioni) non sia legato ai sensi di colpa che si percepiscono nell’aggressore e si condividono con lui per mezzo del processo di identificazione. Il comportamento delle persone investite di autorità dopo il compimento dell’atto (silenzio, negazione, condotta ansiosa), in aggiunta alle minacce fatte al bambino, è tale da insinuare nel bambino la coscienza della sua colpevolezza e della sua complicità.
Dott. Marco Franceschini (tratto da: Sandor Ferenczi, Diario clinico)